Editoriale

La testimonianza della Carità: punto fermo della pastorale di Mons. Gervasoni.

In occasione del decimo anniversario dell’Episcopato del nostro Vescovo Maurizio provo a tracciare quanto da lui ‘insegnato’ per questo ambito pastorale.

La Caritas è stato il primo ambito pastorale che l’allora novello Vescovo di Vigevano ha voluto considerare, (la sua prima ‘nomina’ è stata quella del nuovo Direttore della Caritas Diocesana, 11 Novembre 2013!) e ne ha tracciato il ‘compito’ all’interno della comunità cristiana. La Caritas ha anzitutto il compito di aiutare l’intera comunità a mettere la carità al centro della testimonianza cristiana, così che ne faccia esperienza concreta e quotidiana e impari a servire il suo Signore presente nei poveri, a seguire l’esempio di Lui che, da ricco che era, si fece povero. In questo compito la Caritas deve aiutare a superare sia la mentalità assistenziale per aprirsi alla carità evangelica in termini di prossimità e condivisione, sia la tentazione della delega che spesso accompagna, magari involontariamente, le azioni caritative. La Caritas infatti è Chiesa. Occorre ribadire che soggetto di carità è la Chiesa tutta, e progettare cammini educativi (cioè graduali, progressivamente coinvolgenti) che attuino il passaggio dai gesti occasionali alla scelta della condivisione, mentre cresce la consapevolezza del valore evangelizzante del servizio e della liberazione dei poveri.   

Per il Vescovo -mi sento di dire- tutto dipende dall’educazione; tutta la comunità, attraverso la Caritas, è educata a vivere una spiritualità e una cultura dell’accoglienza e del dono, attenta a tutto ciò che concerne gli uomini e le donne, non solo gli aspetti problematici ma l’arco dell’intera esistenza personale e sociale, e quindi l’educazione e la scuola, le professioni e il lavoro, la società civile e le istituzioni, la salute e la malattia, l’amore e la famiglia: come pure i valori della pace e della mondialità, del servizio e della solidarietà, della giustizia e della carità.                                                                               Le sfide che si propongono alla comunità cristiana chiamata all’attenzione e alla vicinanza ai poveri e a chi vive le diverse forme di fragilità odierne: il bisogno di generare una carità nuova, dove il soggetto è la comunità cristiana che crea nuove relazioni, che partecipa attivamente e che, a vari livelli, si interroga su come prendersi cura della fragilità umana che Cristo gli affida nell’attesa del suo ritorno nella storia.                              

Per il vescovo di Vigevano la carità -quindi- non è solo prestazione di servizi. Essere circondati da solitudini, da attività o sostanze che creano dipendenze, da bisogni abitativi e lavorativi che non si riesce a soddisfare, da famiglie ferite che non trovano pace, da ex carcerati che non riescono a reinserirsi nella società, da diversamente abili che rimangono ai margini, da tante persone private dei loro diritti fondamentali… questo iniziale livello impone ad ogni nostra comunità di mettersi in ascolto, osservare e provare a discernere e per ‘combattere’ quei luoghi comuni che ci distraggono dall’affrontare la povertà. Per esempio, si è spento il coraggio di andare a fondo per comprendere ed affrontare le cause della povertà, smorzando così la forza di contrastare la stessa accontentandosi di alleviarla, perché il povero è considerato come oggetto della nostra carità e non soggetto di dignità, di diritti e proteso al suo cambiamento; infine il povero viene aiutato e sostenuto ma spesso senza la preoccupazione di includerlo nella vita sociale, accompagnandolo nell’integrazione e nelle relazioni.

Il vescovo Maurizio ha auspicato -da subito- la creazione in ogni parrocchia della Caritas; soleva dire: “Non esiste Parrocchia senza Caritas”, messaggio forte con il solo scopo di far prendere coscienza della bellezza della testimonianza della Carità. L’auspicio era di creare in ogni parrocchia un gruppo di persone che, in sinergia con il Consiglio pastorale parrocchiale, lavorasse con i seguenti compiti: conoscenza puntuale e concreta delle situazioni e condizioni di difficoltà, fragilità e disagio esistenti all’interno della vita della comunità; creazione di un luogo di incontro e di ascolto di ‘bassa soglia’ delle persone in stato di fragilità come momento di condivisione, di scambio, di crescita reciproca e di lettura dei bisogni; sensibilizzazione, animazione ed educazione della comunità alla testimonianza della carità evangelica. Inoltre, la comunità va aiutata a superare una mentalità assistenzialista e di delega della carità, pensandosi essa stessa come soggetto impegnato a crescere nella carità; necessari sono il coordinamento e la collaborazione con l’ente pubblico, con altri enti del terzo settore o con eventuali altre attività caritative presenti sul territorio per una proposta organica sia dal punto di vista civile che pastorale.

Non è mai mancato -ed oggi ribadito fortemente- l’invito anche ad ‘accompagnare’ i giovani alla carità; nell’ambito della catechesi, nel dialogo con le famiglie, per provare a fare una ‘mappatura’ dei ragazzi che abitano i nostri oratori e che necessitano di interventi educativi personalizzati, perché talora vivono in situazioni famigliari o psicologiche svantaggiate.

Analizzare e verificare l’adeguatezza dello spazio e del tempo dedicato alla dimensione caritativa nella programmazione pastorale delle nostre comunità cristiane, degli eventi e degli incontri di catechesi coi ragazzi; ripensare, rilanciare o creare delle iniziative che coinvolgano i ragazzi e le famiglie nell’ambito della carità, per renderli testimoni dell’amore di Dio è impegno concreto di testimonianza credibile. 

Un ulteriore aspetto sottolineato da Sua Eccelenza mons. Gervasoni inerente la carità è che essa non deve essere autoreferenziale, individualista e privata, ma si deve allargare a tutti e ha bisogno della responsabilità di tanti per diventare momento condiviso e partecipato evidenziando sempre di più l’urgenza di ‘lavorare in rete’, per valorizzare quanto il territorio già dispone e per far nascere, con caratteristiche innovative e creative, modi e proposte nuove che traducano nella ‘pedagogia dei fatti’ la carità evangelica.

In questi 10 anni di intensa attività, grazie anche alla continua motivazione, alla passione che in nostro Vescovo non ci ha mai fatto mancare, possiamo serenamente affermare che Caritas, con il suo stile, il suo agire e la sua mission, è realtà diffusa e apprezzata su tutto il territorio diocesano.

 

Don Moreno

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